Ricevo per recensione l’ultimo libro di Peter Hanke – La montagna di sale (Garzanti) – un apologo sulla fine della nostra civiltà. E mi torna alla mente la volta in cui incontrai Peter Handke a Milano per una intervista e gli feci anche da interprete. Eravamo entrambi ragazzi (o quasi) solo che lui era un bambino prodigio della letteratura tedesca e io recensivo e intervistato autori geniali. Mi dissero che era timido, di sicuro era nevrotico e poco disposto a collaborare, talmente convinto di sé da guardare il prossimo con distacco superbo. Ci guardammo con crescente sospetto finché, a un certo punto, lui mi invitò bruscamente a tornare a casa, da mio marito, e a comportarmi finalmente da donna, invece di scocciare lui. Le parole saranno state forse diverse, ma il concetto era sicuramente questo. Naturalmente mi fece arrabbiare. Gli dissi cosa poteva farsene delle sue idee e del suo maschilismo. Gli dissi che lavoravo per piacere ma soprattutto perché in casa quel poco che guadagnavo faceva comodo Rimase sorpreso. Mi chiese scusa. Fu lui a volermi accanto durante gli incontri della giornata milanese e sembrava umile e arrendevole come un ragazzo qualsiasi. Anche se era un enfant prodige. Sono davvero curiosa di leggere il suo nuovo libro.