Preparando un incontro sulla vita quotidiana nel Rinascimento mi sono imbattuta, tra le altre incisivenovità dell’epoca, in collaterali come la diffusione della sifilide – detta anche male francese o male napoletano – e l’invenzione della stampa a caratteri mobili che vanta una storia gloriosa anche se oggi risulta in declino. Del resto, chi non conosce il nome di Gutenberg? Restano ancora integre quarantotto delle prime centottanta Bibbie che stampò 550 anni fa: ognuna vale 10 milioni di euro e molte hanno superato vicende degne di un romanzo. Ma il romanzo più emozionante è quello della vita di Johann Gutenberg, ricca di misteri che sarà ben difficile sciogliere. Incerta la data di nascita (a Magonza, tra il 1394 e il 1400), non sicuro il primo mestiere (probabilmente nell’arte orafa), sta di fatto che nel 1411 – dunque in ogni caso giovanissimo – Johann fu costretto a lasciare Magonza in seguito a una rivolta, e riparò a Strasburgo dove cominciò a sperimentare con la stampa a caratteri mobili. Avviò i suoi tentativi in gran segreto, usando vari tipi di metallo. Il riserbo era d’obbligo perché con quegli esperimenti rischiava di mettersi in luce come alchimista e mago, esponendosi a varie accuse di stregoneria, e la sola idea di “moltiplicare” a dismisura le copie della Bibbia avrebbe potuto farlo passare per blasfemo tirandogli addosso altre punizioni. Il peggio, comunque, doveva ancora venire. Di ritorno a Magonza (1448), G. entrò in società con il ricco commerciante Johannes Furst che gli diede in prestito 1600 fiorini – una somma enorme, pari al costo di una ventina di case – quanto bastava per allestire una tipografia “moderna” e continuare i suoi esperimenti. In capo a tre anni (1452-1455 circa) G. fornì le prime 180 Bibbie. Un buon risultato, considerando che a quel tempo ci volevano tre anni per copiare a mano un solo esemplare del sacro libro, ma Furst aveva in mente altri guadagni. Di conseguenza portò a giudizio G. accusandolo di avere sperperato i suoi denari, e ottenne la restituzione del capitale con gli interessi, facendo tra l’altro requisire i macchinari della tipografia. Poté così continuare così il lavoro del vecchio socio grazie al fondamentale aiuto di Peter Schoeffer, primo lavorante di G. diventato tra l’altro suo genero, mentre il vero inventore languiva portando avanti lavori di poco conto. E ancora non basta: nel 1462 una guerra civile tolse ulteriori risorse all’inventore che finì presto in miseria e sarebbe finito anche peggio se nel 1465 l’arcivescovo padrone della città non gli avesse concesso una pensione che contribuì quanto meno a rendere meno amari i suoi ultimi anni di vita. Ormai, comunque, G. era ridotto a un’ombra. La sua morte, nel 1468, fu registrata quasi per caso. Forse sbaglio e mi emoziono a torto, ma mi viene la voglia di sapere altro… o no?