Mi hanno chiesto di partecipare a un incontro sulla Shoah con una classe di seconda media. Ho accettato con baldanza solo per scoprire quanto è difficile spiegare i drammi della storia recente a ragazzi che stanno studiando Roma antica, il cristianesimo e i barbari e non hanno – sempre ufficialmente – un’idea chiara di quanto è successo appena ottant’anni fa.Sono ragazzi che ufficialmente non hanno mai sentito parlare di fascismo, Mussolini, Hitler, leggi razziali promulgate in Italia nel 1938) e deportazioni. Forse – chi può dirlo – hanno seguito qualche discussione in famiglia. Forse hanno visto qualcosa in tv, ma non è detto perché i documentari più duri vengono trasmessi relativamente tardi. Così mi rifugio nel mio libro. In fondo, La promessa del tramonto (Garzanti) è una storia vera – una testimonianza – che anche i ragazzi possono seguire. Non nascondo però di essere turbata. Amo la storia, mi commuovono le scoperte sul nostro passato più remoto eppure mi chiedo: quanto tempo si investe nello studio dell’antichità più remota pur di non affrontare i misteri di ieri? Certo, parlare di Roma antica è meno pericoloso che affrontare le perverse ideologie che hanno sterminato milioni di persone meno di cento anni fa. Meglio non turbare troppo gli animi sensibili dei nostri fanciulli. Ma come si fa a non turbarli se si vuole prepararli alle trappole di oggi? Non dovremmo insegnare loro piuttosto a guardare con occhio attento la cronaca e a saper scegliere con oculatezza tra menzogne, pretese irragionevoli e verità se pure gradite? A che altro serve mai la scuola?