Ho letto un bel po’ di romanzi che cominciano con il ritrovamento di una lettera, un diario, un libro antico più o meno malefico e/o rivelatore. Ho sempre preso con le pinze una partenza di questo tipo per una storia, ritenendolo un espediente neanche tanto originale a questo punto, data la straordinaria abbondanza di ritrovamenti. Ma i ritrovamenti romanzeschi resistono, nonostante tutto. Comincia con il ritrovamento di un vecchio diario anche il nuovo romanzo di Yann Martell (Vita di Pi) – Lo sguardo di Odo (Frassinelli) – dal ritrovamento delle carte ci porta al ritrovamento di un antico e stranissimo crocefisso sul quale Gesù ha le sembianze… beh, non faccio spoileraggio, vi farà certamente piacere scoprire da voi cosa succede.
Comunque, a smentire il mio pidocchioso scetticismo, alla fine è successo pure a me di ritrovare un vecchio documento, anche se in un modo molto tranquillo, quasi banale. Diverso tempo fa parlavo con una cugina di un nostro avo dal passato turbolento, e la cugina mi ha gentilmente mandato un breve scritto contenente l’autobiografia di questo straordinario personaggio analfabeta fino agli 11 anni, docente universitario a 22, con un curriculum di scoperte abbastanza notevole. Ho letto le sue righe con mentalità moderna, facendo la tara. Sotto l’alone del patriottismo risorgimentale ho scoperto una generazione di rivoltosi nati, pronti a sacrificare tutto per i loro ideali, a cominciare dalla vita. Ma soprattutto, dalla lettura di queste pagine i ricordi di mia madre hanno ricevuto una conferma decisiva. Mi ha molto divertito questo piccolo episodio e una volta di più ho invidiato i nostri amici americani più sedentari, con solai pieni di foto, diari e libri di varie specie da ritrovare senza troppi problemi. Il nomadismo della mia famiglia- che mi pareva simpaticamente estroso quando ero più giovane – mi appare d’un tratto dispersivo e quasi punitivo. Viva i documenti ritrovati, dunque. Lo dico in tutta sincerità sfidando il mio antico scetticismo