Il professor Alessandro Orsini, di nuovo lui, torna a turbare l’Italia pronunciando in un intervento a Cartabianca la fatidica frase “Preferirei vedere i bambini crescere in una dittatura che morire per le bombe sganciate in nome della democrazia. Anche nelle dittature un bambino può essere felice”. Il discorso ha una sua logica se accettiamo – come insegna monsieur di Lapalisse – che vivere è meglio che morire. Ovviamente, dato il contesto, la ragionevolezza delle parole porta acqua ai mulini di Putin e si aggrega alla guerra russa che il professor Orsini non riesce proprio a considerare una vera aggressione. Certe volte cede, sì, a un’ombra di condanna. Ma poi affianca quanti deprecano l’aiuto che l’Occidente concede a Zelensky, considerandolo un modo irresponsabile per prolungare una guerra che continua a mietere vittime con azioni tremende dai furti alle violenze e agli stupri. Resistere all’aggressione sarebbe dunque inutile: meglio arrendersi per porre fine allo scempioSi ignora così l’alternativa – invitare gli aggressori a un tregua immediata e comunque ad astenersi dalle azioni più scellerate. In attesa di rapidi ed efficaci negoziati di pace. Si contesta la resistenza ucraina e basta. Non stupisce il coro delle condanne, con Rai e Berlingue in testa. Stupiscono semmai i continui inviti televisivi a politologi come Orsini e simili, lasciati liberi di esternare le loro idee nel nome della democrazia che essi stessi mettono in forse ricordando che si può essere felici anche sotto una dittatura. Ma è persino troppo facile immaginare che gli scandali suscitati ad arte sui media arrivano nel sacro nome dell’audience. Che giustifica ogni provocazione.