Wilbur Smith è morto in Sud Africa, il paese natale che amava e dove si rifugiava per diversi mesi all’anno. Se n’è andato a 88 anni, silenziosamente, dopo una mattinata di lettura e scrittura accanto alla moglie Mokhiniso, che si dice addolorata e in qualche modo sorpresa. Intanto i giornali ricordano la sua vita avventurosa e l’amore per moglie, la quarta, Niso per l’appunto, un ingegnere minerario incontrato un quarto di secolo fa a Londra, in una libreria di Londra. Lei stava meditato l’acquisto di un libro di Cussler, lui l’ha dissuasa promuovendo un libro dei suoi. Da lì l’invito a cena in un ristorante. Lei, ignorando chi lui fosse, voleva pagare il conto perché – mi ha spiegato – nel mio paese gli scrittori fanno la fame e io non volevo pesare su di lui. Un piccolo preludio buffo per un matrimonio che lui non ha smesso mai di decantare, dicendo che Niso aveva messo ordine nella sua vita, portafogli in dote una gioia infinita. Da vent’anni ormai ha dedicato a lei tutti i suoi libri, sostenendo che a lei doveva la sua fortuna. Notevole, considerando i 140 milioni di libri venduti – per un terzo in Italia – prima per i tipi di Longanesi e poi di HarperCollins.
L’aria che tira
Arriva un vento freddo dall’est. Non solo per la guerra, e sarebbe già tanto, per le atrocità di Bucha, per le nubi che si addensano sul futuro di tutti. La vittoria elettorale di Orban in Ungheria aggiunge quesiti importanti all’enigma russo. Attizzano i miei timori gli entusiasmi di Salvini, Meloni …