So per conoscenza diretta che Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, è un tipo sanguigno. Ama espressioni forti, adora le sfide impossibili e – dipendesse da lui – sfiderebbe un rivale a duello un giorno sì e l’altro pure. All’indomani del trionfale Boris Godunov scaligero, ha avviato la triste polemica sulla necessità di affidare a italiani le più grandi istituzioni italiane come La Scala e gli Uffizi. La stoccata ha provocato la risentita risposta del sovrintendente Dominique Meyer, che dopo trent’anni in Italia non si sente straniero e per altro sostiene di non conoscere Sgarbi. La lite a distanza è finita con la minaccia del sottosegretario di togliere udite udite – i finanziamenti pubblici al teatro.
Poco importa se farà seguire azioni alle parole. La minaccia resta. Assieme a un filo di vergogna per il motivo della polemica. Da oriunda, generosamente italianizzata, mi domando che senso ha denunciare il potere degli stranieri in questa Italia che fa parte di una Europa vogliosa di mostrarsi unita in un momento non facile. E che senso ha avviare un attacco del genere dopo una “prima” della Scala che ha confermato le capacità del sovrintendente. Ma mentre noi cerchiamo di raccapezzarci nel caos, il prode ipernazionalista Sgarbi è passato dalla Scala alla contestazione delle pale eoliche attaccando questa volta il ministro dell’ambiente Pichetto Fratin che sembra incline ad installarne di nuove. Ed ecco lo Sgarbi furioso che se la prende con questi pali infami che deturpano il paesaggio, sono asserviti agli interessi della mafia e per di più aiutano poco sul fronte energetico coprendo solo il 2% del fabbisogno nazionale. Anche perché una metà di questi infernali aggeggi resta ferma. Il tema è caldo, e non ci fa piacere pensare ai guadagni della mafia anche in questo campo. Fatto sta che Sgarbi attacca con veemenza un collega di governo, comportandosi come un efficientissimo membro dell’opposizione.
A quanto pare, il nostro amico ha per unica bussola il desiderio di stupire. Uno dei più recenti exploit risale alla consegna del premio Vincenzo Padula (9 dicembre) che ha meritatamente vinto per la saggistica con il sontuoso Raffaello, un dio mortale (La Nave di Teseo). Le cronache confermano che quando Tiziana Ferrario, conduttrice della serata, gli ha chiesto come trovava il tempo per stare dietro a tante attività diverse, il buon discolo Vittorio ha amabilmente spiegato che gli resta tanto tempo da quando ha rinunciato al sesso. E davanti a un pubblico prima sbigottito, poi deliziato, ha molto insistito sul concetto soffermandosi sui moti del suo Uccello e sul suo nuovo rapporto asessuato con le donne, che pure lo rincorrono ancora, mentre le conduttrice conteneva le sue esternazioni ostentando una dose praticamente infinita di calma professionale.