Adelaide de Clermont-Tonnerre è una giovane donna della migliore aristocrazia francese, bella e raffinata, che lavora come reporter per la prestigiosa rivista Point de Vue specializzata in un discreto gossip rosa (leggi fatti della nobiltà). Ora esordisce con un romanzo, Il visone bianco (Mondadori) nel quale sfida diversi tabù. La protagonista, che muore suicida entro le prime venti pagine ma resta inscena vitalissima e perfino ingombrante fino all’ultima parola, è una scrittrice di successo, infamata da sospetti di plagio, con un passato da prostituta e un presenta da cattiva madre (e pessima figlia). Insomma, il peggio del peggio. Tuttavia la critica quasi feroce via via si stempera mettendo in mostra una personalità complessa più infelice che cattiva. Personaggio, e romanzo, sono la risposta di Adelaide ai troppi pregiudizi sulle donne scrittrici descritte come fatue, sostanzialmente incapaci e portate avanti da amici e amanti. «Noi donne» dice la scrittrice «siamo in maggioranza e ci lasciamo assurdamente imbrigliare come una minoranza infelice e insoddisfatta. Le donne leggono più degli uomini e comprano più libri ma nomi di donna scarseggiano nelle liste di bestsellers e nei premi letterari. Sarebbe ora di svegliarsi, le pare?» Certo che mi pare. Al momento è la strategia giusta che mi sfugge. Creare una casa editrice di sole donne che pubblichi solo donne che si batta per portare avanti solo donne??? Sa di vecchio femminismo e di idea tramontata. Ma il problema resta, vale la pena di studiarlo e cercare rimedi che diano una minima garanzia di risultato.