Grazie ancora, grazie a tutti con il cuore in mano per avere accolto von tanto interesse e affetto La guerra di H (Piemme). Ora siamo in corsa. Parliamo già di incontri presso scuole, associazioni e librerie. Le date girano, si vedrà. Intanto però l’inizio è stato bellissimo e sembra che il libro stia suscitando qualche curiosità per quello che Tiziana Ferrario – super conduttrice della prima presentazione e lei stessa in corsa con La bambina di Odessa (Chiarelettere) – ha chiamato il mio “coraggio”.
Il coraggio, cioè, di parlare della miseria dei tedeschi accanto alle atroci sofferenze degli ebrei. Stragi di innocenti a milioni. Sangue. Fame. Dolore. Sì, è vero, ci ho pensato a lungo prima di tuffarmi nell’Oceano delle polemiche. Non volevo che si potesse pensare a un mio schierarmi dalla parte del Reich, a qualche tentativo di trovare degli alibi per le infamie commesse, a qualche ripensamento sulle effettive responsabilità. Niente di tutto ciò. Ma, piuttosto, il desiderio di vedere il passato al completo e lo sbigottimento di scoprire che l’era dei pregiudizi e delle discriminazioni continua, che gli odi razziali non sono svaniti, che la guerra continua a essere usata come uno strumento per sciogliere nodi antichi.
Ho solo cercato di guardare le due facce della medaglia che su un lato raffigura gli ebrei e sull’altro i tedeschi. Non tutti nazisti o assassini. Non tutti ugualmente colpevoli. Mentre è troppo facile beatificare gli altri, i vincitori, anche se sappiamo bene che si macchiarono a più riprese di vendette immotivate e imperdonabili, le cui vittime furono nella grande maggioranza dei casi bambini e donne inermi. Io ho seguito le vicende della famiglia Stein, con le sue fragilità, le divisioni, la fame e la voglia di rialzare la testa. Chissà quante famiglie tedesche hanno sofferto come gli Stein prima e durante la guerra. E quante altre di nazionalità diverse continuano a patire oggi senza che la comunità internazionale possa, sappia o voglia intervenire.
Che il mio libro sia di attualità è un bene e mi fa piacere e spero che susciti un numero crescente di riflessioni e dibattiti che vadano oltre le mie considerazioni (il mio è, alla fine, solo un romanzo). Ma allo stesso tempo questa attualità mi amareggia perché mi costringe a pensare che in tutti questi anni di pace garantita da Comunità europea, Nato e Onu ecc. ecc. non abbiamo imparato nulla. O, comunque, non abbastanza. E questo vuol dire che siamo ancora all’alba del mondo e il sole tarda a rischiarare la nostra oscurità.