Comincio a prepararmi per il corso su Tecniche di lettura e scrittura che inizia il 19 ottobre alla ACU di Brugherio riprendendo in mano La sovrana lettrice di Alan Bennett (Adelphi). È uno dei libri che commenteremo da ottobre a Natale, e penso offre molti spunti utili per iniziare un discorso coerente sulla lettura. La sovrana lettrice è la regina d’Inghilterra. Esplorare il piacere della lettura dal punto di vista di una gran dama cui non si è finora attribuito un amore particolare per i libri, mi pare un’idea geniale. Molto teatrale anche, come piace a Bennett, e molto ironica. Da bibliofila neofita Sua Maestà accumula molte scoperte e crea sconcerto fin dalle prime righe del volume, quando chiede al presidente francese cosa pensi di Genet. Il poveretto, che non ne sa nulla, cerca di sgusciare dalla trappola, ma la sovrana non molla la presa. Lei può anche non capire un autore, ma è coerente e disciplinata fino in fondo. Nelle pagine seguenti trova il modo di precisare: “Quando cominciamo un libro noi lo finiamo. Ci hanno educate così. Libri, purè, pane e burro: bisogna finire quello che c’è nel piatto. È la nostra filosofia di sempre”.
Con il passare dei giorni il piacere della regina diventa assillante. “Un libro tira l’altro e le giornate sono sempre troppo corte”. Nel mondo dei libri non c’è nulla di ordinato – la lettura è disordinata, dispersiva e sempre invitante, si dice. E se, razionalizzando, precisa di leggere perché sente “di dover indagare la natura degli esseri umani”, il suo valletto preferito – un ex sguattero diventato factotum regale proprio in virtù della sua passione per la parola scritta – confessa invece di leggere per puro piacere e non per trarre una rivelazione. Poco alla volta la sovrana deve riconoscere che “l’attrattiva della letteratura consiste nella sua indifferenza, nella sua totale mancanza di deferenza. I libri se ne infischiano di chi li legge; se nessuno li apre, loro stanno bene lo stesso… I libri non sono per nulla ossequiosi. Tutti i lettori sono uguali”. E che uno porti la corona, si potrebbe completare, è un dettaglio del tutto insignificante.
La sua nuova passione provoca, comunque, più d’un incidente. Come quando la guardia confisca il libro che lei stessa aveva nascosto sotto i cuscini della carrozza reale per superare la noia delle trasferte di lavoro, ritenendolo un ordigno esplosivo (un ordigno lo è di certo, pensa lei, perché infiamma l’immaginazione). O quando, rinunciando alle domande di rito negli incontri con i sudditi, smette di chiedere lei da dove viene, quanto ci ha messo per arrivare, e vuole sapere piuttosto cosa legge la gente comune e come giudica il libro che sta leggendo.
In ogni caso i cortigiani sono indignati. Leggere vuol dire sottrarsi, rendersi irreperibili, va perciò considerato un passatempo egoistico o addirittura solipsistico dunque del tutto inadatto a una figura di rappresentanza. E forse nemmeno la regina è del tutto soddisfatta del molto che sta imparando dai libri. “È possibile che io mi stia trasformando in un essere umano. Non sono convinta che si tratti di un cambiamento auspicabile”.
Il potenziale sovversivo del nuovo passatempo emerge in tutto il suo spessore quando la regina lo porta alla sua conseguenza naturale, decidendo di scrivere le sue memore. A qualunque costo. Creando uno scompiglio con ben pochi precedenti a Buckingham Palace, qualcosa che nessuno si sarebbe aspettato da una vecchietta dall’aria inoffensiva come lei.
Ma chi può prevedere fino in fondo i cambiamenti che un libro può portare nel cuore e nella mente di un lettore?