Sto snellendo le librerie. Un gesto eroico, non troppo pericoloso forse, ma pesante. Non ci sono arrivata per decisione spontanea, ma spinta da necessità, stante il fatto che devo far tinteggiare una stanza che ospitava un numero esorbitante di volumi anche sotto il letto e sopra l’armadio. Volumi che ora vanno tolti, visionari e – purtroppo – in parte eliminati. Sotto questo profilo è andata meglio del previsto. Ho rintracciato una biblioteca deposito in via Boifava 17, sopra il Teatro Ringhiera, che accetta libri relativamente moderni, non sottolineati, non guide, non enciclopedie o libri di testo – spero di avere ricordato tutti i no. L’importante è, insomma, che i libri siano ancora in buono stato perché saranno distribuiti a varie associazioni, Questo vuol dire che li togli da casa, mettendoli a disposizione di x lettori. Bello. Bisogna prendere appuntamento (02-884 62855) ma non ci sono problemi. Ed è meglio che sia io stessa a dividere i miei più fidati amici libreschi, senza lasciare ad altri il compito di buttare i miei compagni più cari in orribili sacchi neri. È un buon compromesso: mi colpisce solo che al momento della consegna le gentili bibliotecarie non si limitano a vedere autori e titoli, ma controllano pure che le pagine non siano ingiallite, altrimenti i volumi vanno d’ufficio al macero. Ho così acquisito un nuovo metro di valutazione: i dorsi ingialliti filano diretti nei bidoni della carta. Gran peccato, ma le regole sono queste.
Snellire vuol dire implicitamente riordinare. Mettere insieme gli Updike, i Vonnengut, i Bukowsky. Riscoprire piccoli gioielli dimenticati – o forse mai letti? – come le considerazioni sul fascismo di Ignazio Silone, un testimone del tempo del quale capisco all’improvviso di sapere troppo poco. Ecco a cosa serve questo lavoro: ti aiuta a constatare quanto poco ricordi, quanto hai perso e che vorresti allungare la tua vita all’infinito per soddisfare infinite curiosità.
È lo stesso tormento che ho provato io quando ho fatto il trasloco, senza contare che, molto appassionata di danza, mi sono trovata a gestire diversi DVD che mi erano molto cari. Fortunatamente ho due nipoti che condividono le mia stessa passione e così ho diviso fra loro i miei tesori. Ma per i libri è stato un po’ diverso. Dopo averne regalati alcuni a fratello, sorelle, nipotini e nipotoni, ne avevo ancora molti. Così mi sono ritrovata a rileggere qua e là brani dei miei amati giapponesi, per esempio “Morte di un maestro del tè” di Yasushi Inoue, tanto per citarne uno, perché non riesco a prendere in mano un libro senza almeno sfogliarlo. Insomma alla fine ne ho regalati un po’ alla biblioteca, gli altri li ho stipati di nuovo nelle librerie, magari in doppia fila e infine gli ultimi, si fa per dire, li ho messi negli scatoloni, in un provvidenziale ripostiglio che c’è nella nuova casa. Condivido completamente la tua conclusione:
“Ecco a cosa serve questo lavoro: ti aiuta a constatare quanto poco ricordi, quanto hai perso e che vorresti allungare la tua vita all’infinito per soddisfare infinite curiosità.” Proprio così.
Grazie Cristina. In effetti il nostro rapporto con i libri somiglia molto a una parentela. Suona strano dirlo ma sfrattarli è doloroso, offrirli a chi li apprezza è una buona soluzione. Rileggerli è un dono.