Non ci avevo pensato, quando stavamo bene. Ora che mio marito è in ospedale, speriamo non per molto ma intano da martedì sera lui è lì e io qui … beh adesso tocchiamo con mano l’impatto del Covid che aggiunge separazione forzata alla separazione dovuto alla malattia. Ho sempre compianto gli amici che negli scorsi mesi si sono trovati in questa situazione, ma bisogna passarci per capire fino in fondo, sulla propria pelle, il peso aggiunto, il disagio, la paura. E meno male che abbiamo avuto a disposizione i cellulari per mantenere un minimo di contatto. Ed è già tanto. Ma non basta. Non ci si può prendere per mano, guardarsi negli occhi, sforzarsi di capire. E, soprattutto, non si può scambiare una parola sensata con un medico nella speranza che ti faccia capire (nei limiti del possibile) cosa succede e con quali prospettive. Questa stata la parte forse più dura: il silenzio dei medici – certo oberati, ma noi siamo ingordi e vorremmo tutto. Invece dobbiamo confrontarci con l’impossibilità di sentire una parvenza di prognosi, un giudizio oggettivo sulla situazione.
Ne parlo stasera perché finalmente si apre uno spiraglio: domani ci viene concessa una possibilità di visita. L’impero del Covid ci offre una tregua. Fino a pochi giorni fa mi sarebbe parsa una piccola cosa. Oggi la metto tra le cose che contano. E sono felice.