Sì, ci siamo. Martedì mattina il mio nuovo libro – La guerra di H (Piemme) – sarà nelle librerie. E alle 18.30 io sarò alla Rizzoli di Milano (Galleria Vittorio Emanuele) con l mitica Tiziana Ferrario che ha accettato di presentarmi. È il primo passo, facendo gli scongiuri ce ne saranno altri. Vedremo se e come e quanto.
Intanto però il primo passo sarà fatto ed è un grande piacere poterlo dire. Anche se per il momento il libro resta un miraggio. Io nlo vedrò (spero) martedì prossimo, il giorno dell’uscita. Ma c’è. Arriva dopo mesi di ansia e fatica tra i peggiori della mia vita dopo i lunghi mesi della malattia di mio padre, mancato trent’anni fa. Questa volta è toccato a mio marito ed è stata dura, sopratutto per lui – ovviamente – ma di riflesso anche per me. Mi sono aggrappata alla Guerra di H per non perdermi. E ripercorrendo la storia vera della famiglia tedesca di cui mi sono occupata dal 1938 al 1956, ho scoperto una pagina sconosciuta della storia tedesca con una varietà di temi. L’accanimento dei vincitori, i pregiudizi, l’odio nei confronti della Germania, elementi del tutto paragonabili all’odio antisemita. Sommando le atrocità commesse dal Reich alle vendette degli Alleati, il risultato più evidente è che le guerre e le forme di violenza sono una trappola. Non risolvono nulla e complicano tutto. È troppo facile iniziarle, ma è difficilissimo uscirne. Meglio evitarle dall’inizio ed è comunque imperativo trovare una pace accettabile per tutti i coinvolti. Nel 1945 avrebbe evitato qualche milione di morti. Una ipotesi che però si pone come lezione preziosa anche per l’oggi.