Si intitola ”Black or White” il nuovo film con Kevin Costner (il bianco) e Octavia Spencer (la nera, premio Oscar per “Help” oltre a una quantità smisurata di altri riconoscimenti). La storia è semplice: un nonno bianco (Costner) rimane improvvisamente solo con la nipotina (nera) alla morte della nonna in un incidente automobilistico. La bambina è cresciuta con i nonni bianchi perché la giovanissima madre è morta dandola alla luce e il padre, drogato, non si è mai interessato a lei. Ora però la nonna Wee Wee (nera) chiede la custodia esclusiva della piccola nella certezza che il nonno rimasto ora solo e per di più alcolista, non sia in grado di allevarla benché sia munito di mezzi e buone intenzioni. In effetti Wee Wee ha dalla sua diversi argomenti: è istruita, ha sei lavori che la rendono benestante, è spalleggiata da una numerosa e affettuosa famiglia nera ed è ansiosa di coinvolgere il figlio (padre della piccola) che le ripete a macchinetta di essere ormai “pulito”. Soprattutto, dispone di un fratello principe del foro che può rappresentarla in tribunale e si prepara a giocare la carta del fattore razziale.
Il regista Mike Binder insiste sui vecchi pregiudizi razziali che separano i bianchi dai neri e sforna una storia efficace, se pure condita con troppe lacrime, qualche lungaggine e la voglia hollywoodiana di sciogliere i nodi in un lieto fine che sembra destinato a sfuggire. Sta di fatto che il dissidio dei nonni/o delle famiglie può essere applicato ad altre situazioni razziali e non. E il lieto fine non è sempre garantito con un contorno di tarallucci e vino. A meno che non si capisca, come sembra fare il film, che la sola cosa che conta veramente è il bene del piccolo. Al di là dell’attaccamento degli adulti e delle loro possibili manipolazioni. Se lo ricordassimo sempre, tutti, il mondo sarebbe un posto migliore.