Sto leggendo Due anni, otto mesi & ventotto notti il nuovo libro di Salman Rushdie, un autore che amo (quasi sempre) molto. Facendo la somma dei numeri del titolo si arriva a 1001, una cifra che richiama alla memoria le famose Mille e una notte della narrativa persiana, un libro cui Rushdie si rifà almeno spiritualmente mentre racconta la storia degli antenati che parte da Ibn Rushd, grande filosofo del XII secolo molto apprezzato da suo padre da noi noto come Averroé. Non a caso, quando dovette scegliere un nome occidentalizzato, papà Rushdie si ispirò proprio al nome di Ibn Rushd. Il figlio usa le 300 pagine scarse di testo come un scrigno di storie coloratissime ispirate in principio al grande amore che Ibn Rushd ebbe per la jiinn Dunia, uno spirito buono che da lui ebbe un numero esorbitante di figli, tutti caratterizzati dal fatto che avevano orecchie senza lobo. Dunia, essere innamorato e amante, continuò poi a proteggere la sua progenie nel corso dei secoli e non l’abbandonò nemmeno nei durissimi Due anni ecc. ecc. in cui il mondo subì una infinità di magiche trasformazioni e le anomali divennero normalità, perché fu invaso da jiinn buoni e cattivi che cominciarono a combattersi fino allo sfinimento come si scopre leggendo il libro.
Rushdie è un ottimo cantastorie e le storie che racconta qui restano nel cuore e nella testa di chi legge, assieme alle invenzioni linguistiche che usa, ed è innamorato della storia delle sue “radici” che sono orientali e occidentali in un miscuglio mirabile e scintillante. In fondo è il magma cui si rifanno tutti i suoi libri. Non a caso uno dei mille personaggi di Due anni ecc. ecc., Blue Yasmeen, cantastorie d’origine libanese divenuta celebrità di quartiere “internazionalmente nota in ventun isolati”, ricorda che suo padre le diceva: ciascuno di noi è prigioniero della propria narrazione solipsistica, ogni famiglia ingabbiata nella propria cronaca, ogni comunità chiusa nel racconto di se stessa, ogni popolo vittima della propria versione della storia, e ci sono parti del mondo in cui due o più storie incompatibili tra loro lottano per avere spazio sulla stessa pagina…. Come a dire che siamo fatti di storie, spesso in modo pericoloso. In fondo si è sempre detto che uno scrittore ricama sempre sulla stessa storia, che viviamo nella scia del nostro nostro passato e delle vite dei nostri antenati. Concetti che si aprono a mille suggestioni preziose.