A proposito di memoria, mi torna in mente un proverbio cui mia madre era affezionata. Diceva, più o meno “la zingara aveva cento anni ma non voleva morire perché ogni giorno imparava una nuova canzone”. Io non ho incontrato una canzone nuova, del resto non ho ancora cento anni e non sono una zingara, ma lo scrittore Grégory Samak (autore del nuovissimo bestseller internazionale Il libro del destino – Nord) mi ha insegnato una parola nuova: scotomizzazione , un termine tratto dalla psicologia che sta per oscuramento, ottenebramento, meccanismi di negazione o pregiudizio. La scotomizzazione nega la memoria di quel passato che potrebbe (dovrebbe) metterci in guarda da vecchi errori e che – se non compresi – ci costringono a ripetere all’infinito gli sbagli già commessi dalle precedenti generazioni.
Non a caso, alcuni scrittori cercano di tenere vivo il ricordo oggettivo della Storia trascorsa per impedire che finisca in qualche angolo buio aprendo la via a inevitabili reiterazioni. Paolo Mieli presenta in questi giorni L’arma della memoria contro la reinvenzione del passato. E il mio personale maestro Grégory Samak ha scritto un romanzo in cui esplora il terreno di cultura che ha permesso a Hitler di affascinare la Germania e altre parti del mondo, come una sorta di pifferaio magico. Il suo libro è già stato venduto in una dozzina di paesi, ma probabilmente non arriverà mai in Germania e in Austria, perché gli editori di quei paesi non accettano la visione che lui (ebreo) ha dei loro antenati. «Sono vittime di un fenomeno di scotomizzazione», dice Samak che con gentile fermezza non rinuncia alle sue convinzioni sulla passività dei tedeschi tra gli anni 20 e 30, e ritrova atteggiamenti analoghi nell’Europa del 2000, chiusa e confusa davanti al dramma quotidiano degli immigranti in fuga dal Medio Oriente messo a ferro e fuoco. Dimenticando le fughe di noi europei nella prima metà del secolo scorso: fughe per fame, per ideali politici o per salvarsi la vita. Il grande sonno dell’umanità che rilancia i piccoli sonni dei nostri ricordi troppo spesso caotici e negati, fino a renderci insensibili ai drammi del prossimo con una crudeltà che in altri memomenti e occasioni saremmo più che disposti a condannare.
Concetti pesanti, nati da una nota occasionale che in origine pensavo di chiudere con un’altra nota minore. Ma tant’è: non so come la pensa la zingara di mia madre, ma è certo che l’occasione fa l’uomo ladro e il discorso sulla memoria apre porte interessanti. (continua)
La mamma ha sempre ragione
One Comment
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Un bellissimo invito alla riflessione; é vero, non conoscere la storia é pericoloso tanto quanto camminare in un campo minato senza sapere dove sono piazzati gli esplosivi. La conoscenza è la più potente arma di difesa, ancora di più se la si é fatta propria.