Ho chiuso il mio corso di sociologia parlando di fratelli, un tema che mi ha lasciato stupita in più modi. La rilevanza sociologica del legame di sangue è ovviamente innegabile: non c’è quasi bisogno di ricordare che nei secoli andati era uso lasciare il patrimonio della famiglia al primogenito, mentre i cadetti erano destinati al servizio militare e alla carriera religiosa (a meno che il primogenito morisse senza lasciare eredi, nel qual caso il fratello minore veniva spinto alle nozze che lo volessi o no.) L’insofferenze di uomini e donne chiusi in conventi contro la loro volontà è più che evidente in grandi classici come I promessi sposi. Eppure, per garantirsi l’indispensabile mano d’opera, le famiglie continuavano a produrre figli, portando a un’abbondanza di fratelli e a rapporti spesso complicatissimi tra i giovani. Ma il legame tra fratelli si apre ad altre considerazioni, se pensiamo al rilievo sociale dell’esogamia che fin dalla preistoria ha spinto ragazzi avventurosi lontano dai territori di caccia del loro clan per trovare moglie, mentre le ragazze della tribù (figlie e sorelle dei maschi più o meno dominanti) venivano usate, più o meno, come merce di scambio.
Oggi, con famiglie sempre più nucleari, le conseguenze non sono meno importanti. Un numero crescente di figli unici è bene o male destinato a riunire l’eredità del padre e della madre, creando concentrazioni se pure di piccole ricchezze. In compenso, in conseguenza della fecondazione assistita, cresce il numero dei gemelli sui quali si possono aprire altri discorsi affascinanti anche senza arrivare alle credenze magiche diffuse in Africa e in Asia sui bambini che crescono insieme nella pancia della madre e spesso si somigliano tanto che risulta difficile distinguerli. I racconti più belli sono riferiti a gemelli identici, mentre nel caso in cui i due siano maschio e femmina, vanno trattati come fratelli “semplici” (anche se gli interessati rivendicano sempre un legame molto speciale tra loro). Con storie di gemelli identici (soprattutto di quelli separati alla nascita) si evidenzia l’influenza della genetica rispetto a quella dell’ambiente e dell’educazione. In cifre, il dna conta per non più del 60% mente ambiente ed educazione fanno il resto.
Ma, a voler fare un più ampio discorso sociologico, non c’è da considerare solo i legami di sangue. Ci sono anche fratelli uniti da una stessa fede politica o religiosa, o membri della stessa cerchia esoterica. E qui il discorso parte da lontano per sfiorare la cerchia esoterica di Pitagora, gli ordini religiosi, la massoneria e perfino certe associazioni criminali: gruppi ovviamente diversissimi i cui adepti rivendicano un legame fraterno.
Ma quanto può essere amorevole questo legame? Già Freud contemplava di sostituire la società verticale dominata dalla figura del padre con una società orizzontale coordinata da fratelli pari tra loro e rispettosi l’uno dell’altro, se non proprio affettuosi. Un sogno, comunque, di non facile realizzazione a giudicare dalla storia biblica di Caino e Abele e dalla lotta mortale tra i gemelli Romolo e Remo per il potere a Roma.
E via discorrendo. Ma l’aspetto che più mi ha colpito di questo incontro sui fratelli è l’intensa reazione che ha suscitato nei presenti, tanto da spingerli a intervenire raccontando storie di famiglia più o meno edificanti. Evidentemente il tema rimette in gioco nostalgie solo apparentemente sopite, o intense gelosie, o il forte desiderio di chiarire rapporti complessi che in più d’un caso hanno lasciato recriminazioni e altre ferite. E ancora una volta la famiglia, pietra miliare della società, mostra il suo volto benefico accanto a quello più ombroso.