Interessante tentativo di World Café, a Sciacca, in un incontro organizzato nella giornata della violenza contro le donne dalla psicologa Gaia Monastero con Giovanna Maria Craparo sotto l’egida del Rotary locale. La tecnica, usata soprattutto in incontri aziendali, divide i partecipanti in piccoli gruppi di 4-5 persone, e le invita a sedere a piccoli tavoli quasi che fossero in una pasticceria. Ogni tavolo ha un custode che fa gli onori di casa e annota diligentemente pensieri ed emozioni che affiorano via via. I tavoli sono allestiti con tovaglie dai colori allegri, fiori e candele. Vengono serviti dolcetti e bevande per rendere conviviale l’atmosfera. Assieme alle piccole delizie gli organizzatori affrontano il tema dell’incontro ponendo tre o quattro domande chiave cui ogni partecipante è invitato a rispondere, prendendo in mano un certo oggetto (il cosiddetto talking stick) e riponendolo sul tavolo quando hanno terminato. Gli altri aspettano la fine del discorso senza interrompere, e ascoltano con attenzione. Fatto il giro del tavolo in una ventina di minuti, si passa alla domanda successiva. Ma prima di affrontarla, i presenti devono cercarsi un tavolo nuovo, affrontando persone possibilmente sconosciute. Resta immobile solo il custode, a serbare memoria di quanto si è detto e passando eventualmente alcuni concetti chiave al nuovo gruppo. Completate le domande, i custodi riferiscono alla comunità quanto hanno annotato e si traggono le conclusioni.
L’iniziativa di Sciacca ha messo insieme più di cento persone dagli interessi più diversi. Più donne che uomini, come spesso accade, ma con un nutrito gruppo di giovani tra i quali c’erano molti ragazzi a testimoniare una sensibilità nuova e sicuramente apprezzabile (tra i giovani, anche un gruppetto di ragazze delle medie accompagnate dalla loro insegnate: chapeau!). Un bel metodo, non c’è che dire, per ascoltare le opinioni degli altri e riflettere insieme arrivando – nell’ipotesi ottimale – a spunti interessanti per risolvere un certo problema. Certo, è più facile sciogliere i nodi di una campagna pubblicitaria o di eventuali migliorie da apportare a un sistema antiquato, che trovare soluzioni concrete per il problema della violenza. Le domande proposte a Sciacca per stimolare il dibattito sono state quattro: cos’è la violenza (in senso lato); dove la si riscontra; perché si verifica; e infine: cosa può fare ognuno di noi, in concreto, per migliorare la situazione. È proprio sui rimedi concreti che il dibattito si è un po’ arenato, rivelando un diffuso senso di impotenza e frustrazione.
Certo occorre educare (ed educarsi) all’ascolto e al rispetto degli altri. Concetti che, realizzati seriamente, possono trasformare la vita di ognuno. Certo è indispensabile mantenere rapporti corretti con tutti. Non meno imperativo è sostenere le vittime di violenza sotto il profilo psicologico e pratico, rendendole indipendenti anche sotto il profilo finanziario procurando loro un lavoro dignitoso. È rimasto però sotto traccia il tema essenziale del recupero degli uomini. Eppure anche qui si notano fermenti nuovi e un interesse in netto aumento. Dal Wolrd Café di Sciacca è emersa la necessità di convogliare il dibattito su questo punto, e stabilire una linea di comunicazione forte e coraggiosa tra i vari fronti della questione, non solo il 25 novembre o l’8 marzo. E non fosse che per questo, ne è valsa la pena.
World café a Sciacca
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Una iniziativa molto interessante, inusuale e stimolante. Sul tema della violenza alle donne c’è ancora molta strada da fare, perché se quella fisica è manifesta per forza di cose, quella psicologica è invisibile e spesso neanche presa in considerazione; le donne che ne sono vittime, in alcuni casi, passano anche per soggetti mentalmente instabili, perché vivono in un perenne stato di angoscia. Gli uomini, dal canto loro, dovrebbero capire quando passano i limiti e avere l’umiltà di affrontare il cammino che li riporti a un modo di vivere civile e rispettoso degli altri.