Che storia, quella del deputato repubblicano George Santos, mentitore seriale che il suo partito continua a sostenere perché – data la maggioranza risicata di cui dispone al Congresso – ogni voto vale il doppio pur di non perdere terreno davanti democratici.
A noi osservatori stranieri – un po’ scandalizzati, molto stupiti e a tratti perfino ammirati – non resta che ammirare la fantasia di mister Santos che si è inventata non una ma almeno una dozzina di vite a mascherare lo squallore sella sua, e con le sue menzogne ha conquistato un seggio al Congresso partecipando così – da mentitore seriale – alla politica americana e un po’ anche a quella mondiale. A riassumere la sua storia si fa fatica. Non è di origini ebraiche, non ha la laurea che vanta, la sua povera mamma non è morto nell’attacco alle Torri Gemelle, non ha lavorato per Citigroup o Goldman Sachs. Molte ombre anche sulla sua dichiarazione di essere gay pur essendo sposato. Si è fabbricato dunque un curriculum su misura per conquistare le simpatie di gruppi di elettori. Le verità sono parecchio opache. Ha gestito un gruppo animalista con il quale ha raccolto 3.000 dollari per curare il cane malato di tumore di un veterano impoverito. Ma si è tenuto i soldi lasciando morire il povero animale cui il veterano teneva più della sua vita. Ha acquistato abiti con i soldi di un anziano malato che sua madre assisteva. Ha rubato sciarpe e scarpe ad amici. Ha partecipato a concorsi di bellezza come drag queen con il nome di Kitara. Lui nega quest’ultima circostanza, sorvola sulle altre e fa parte di diverse commissioni del Congresso cui porterà presumibilmente le sue esperienze di mentitore seriale.
E qui abbiamo un problema vero. Secondo le teorie di Joseph Goebbels, ministro dell’Educazione e della Propaganda di Hitler (strano binomio, ne converrete, educare con fake news ecc.), una bugia ripetuta centinaia di volte diventa una verità indiscussa. Ma che dire di cento bugie smentite mille volte che non mettono a k.o. il mentitore e non gli fanno perdere lo status che ha conquistato mentendo? Mi viene in mente una psichiatra tedesca che ho conosciuto negli States una trentina di anni fa e che con grande serietà ripeteva: «gli americani amano mentire, nuotano con gioia in un mare di bugie». Non le ho creduto allora e ancora dubito, ma rifletto a fondo, e ammetto. Il caso Santos – uno psicodramma che volge a farsa – cambia le carte in tavola.