Ritrovo, facendo un po’ di ordine tra le mie carte (cui dedico, peraltro, un’attenzione sempre insufficiente), una pagina di giornale con la scritta “La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie”. Firmato John Keynes. Ricordo di avere incontrato il mitico economista a Cambridge, Mass., e di averlo trovato un maestro vero, fantastico interprete dei tempi nuovi. Questo accadde, preciso, circa mezzo secolo fa, quando vivevamo in America e l’area di Boston era il mio paese di Bengodi per incontri fuori dal comune.La frase, comunque, mi sembra molto indicata per riprendere il blog a lungo trascurato per mille motivi – fossero validi o semplici alibi – e per restargli fedele (a questo povero blog) almeno per un po’. Trovare la forza di fuggire dalle vecchie idee per abbracciarne di nuove, ecco cosa chiedere al destino per questo 2023. Un bell’augurio, riferito alla capacità di mollare le abitudini del passato per abbracciare atteggiamenti nuovi con un vigore forse mai applicato fin qui. Perché, riassumendo i fatti miei, a ottant’anni compiuti da un pezzo è arrivato il momento di tornare sui campi per raccogliere quello che resta, poco o tanto, con un’operazione che si è troppo spesso rimandata per faciloneria, pigrizia o comodità. Quando ci si ritrova all’improvviso con i capelli tutti bianchi – ed è una sorpresa cui si stenta di credere – bisogna scuotere il sacco dei ricordi (troppi) e dei progetti futuri (pochini) per fare posto a emozioni nuove e scoperte da fare. Senza perdere tempo, che comunque anche a essere ottimisti, è contato.
“La zingara aveva cent’anni e non voleva morire, perché ogni giorno imparava una canzone nuova”. Questo lo diceva mia madre, giustificando la sua voglia di vivere, e mi piace infilarlo nel mio sacco. A volte aggiungeva che il tempo diventa sempre più prezioso con l’avanzare dell’età. Via il vecchio, allora, e benvenuto il nuovo. Sempre e comunque. Presto. Prestissimo. Come un dono prezioso da mettere sotto l’albero.