Tra poche ore sarò moderatrice dell’incontro con Maurizio De Giovanni organizzato da Paola Pioppi per La passione per il delitto. Un bel compito, e anche un impegno di quelli che fanno un po’ tremare data la popolarità di De Giovanni e il seguito di cui gode e la paura che incute di sfigurare con domande insulse. Io però mi sono scoperta un asso nella manica. Trovandomi a Napoli per tutt’altro – la presentazione della nostra antologia benefica Il bicchiere mezzo pieno (Piemme) – mi sono improvvisamente scoperta nella parte della città che fa da contorno all’indagine del commissario Ricciardi che tratteremo vale a dire Il purgatorio dell’Angelo (Einaudi). Vale a dire che il caso mi ha offerto un interessante contorno alla storia del Purgatorio consentendomi di sperimentare in prima persone la luce, i profumi, le voci, i vicoli, il ristoranti dov’è nata la pizza Margherita, le bancarelle, le chiese, le salitine e rispettive discese al mare.
Ha ben ragione De Giovanni a dire che senza Napoli le sue storie non potrebbero esistere, o sarebbero completamente diverse. Amore e melodramma sono di casa qui. Tant’è che il meraviglioso Ricciardi – il commissario dagli spettacolari occhi verdi che riascolta le ultime parole dei morti assassinati, nato undici romanzi fa, quasi per scherzo o per sfida – indaga senza il supporto di moderne diavolerie scientifiche sulle ragioni più intime dei sentimenti e si rivela meravigliosamente sentimentale nel rapporto con le donne che gli stanno attorno, sempre più innamorate. Sulla scia di questa convinzione, in devoto pellegrinaggio trascino i miei complici – Elena Mora e il mio prode marito Bert – a visitare il tavolo che il celebrato Gambrinus riserva al commissario rendendo assai invidioso il povero autore, costretto suo malgrado, a fare due passi indietro davanti al suo frastornante personaggio. E chissà quanto altri passi dovrà fare il nostro De Giovanni per sfuggire a l’ira dei (delle) fans se manterrà fede al proposito di accantonare forse per sempre le avventure di Ricciardi dopo questo Purgatorio. C’è da temere che se ne pentirà, ma in quel caso potrà sempre estrarre dal suo cilindro magico una nuova storia del commissario. Perché quelle non gli faranno mai difetto. Anche se di tanto in tanto straparla dicendo che aspira alla pensione, e minaccia di mandare in soffitta i suoi personaggi. Anche se per un aspirante pensionato combina nuovi guai, inventando nuove creature come Sara, la strana detective che ha la miracolosa dote di leggere interi discorsi dalle labbra di chi e sta lontano, ovviamente ignaro di essere spiato.
Il futuro è tutto da scoprire. Oggi voglio solo godermi il presente.