Confermo: ho vinto il premio dell’Associazione alessandrina Giuditta per il mio memoriale LA PROMESSA DEL TRAMONTO (Garzanti), una testimonianza che parla degli orrori del XX secolo da Auschwitz alle tragedie dello stalinismo, includendo nel novero anche le leggi razziali italiani nell’ottantesimo della loro promulgazione.
Premetto: ho vinto ben poco in vita mia: qualche medaglia come nuotatrice, un paio di citazioni a premi di scrittura, due viaggi in un concorso indetto dall’Arcivescovado di Milano al quale avevo partecipato – manco a farlo apposta, con un breve saggio sul genocidio. Vanto però anche la vittoria in una lotteria. -Dunque un mero colpo di fortuna. Accadde, a Boston, nel settembre 1977 se non sbaglio, quando la magistratura del Massachusetts decise di disfarsi di una scatola di documenti desegretati sul processo Sacco e Vanzetti. Per non so quale coincidenza lo scatolone capitò proprio a me. Quando un poliziotto estrasse il mio numero non riuscivo a credere di avere vinto. Sono afflitta come molte donne dal complesso dell’impostore e vincere qualcosa – qualsiasi cosa – mi fa sentire come se avessi rubato o estorto o ingannato l’ordine dell’universo. Sfogliai in fretta il mio scatolone di scartoffie , scrissi il mio bravo articolo sul processo a Nick e Bart per L’AVVENIRE e mi sbarazzai di quel tesoretto alla velocità della luce.
Non c’era molto in quelle carte, salvo il puntiglio dell’accusa di inchiodare i due anarchici e mandarli a morte. Il che non era poi così poco. Si rivelò anzi letale per i due italiani ai quali non fu concesso un processo equo. Lo riconobbe pure la corte d’appello messa al lavoro a Michael Dukakis, allora governatore del Massachusetts. I giudici sostennero di non avere elementi sufficienti per dichiarare l’innocenza di Sacco e Vanzetti, infatti non arrivarono a riabilitarli, ma si fermarono a metà dicendo che il processo era viziato in partenza. Che valessero tanto, poco o nulla, io quei documenti li ho consegnati all’Associazione Sacco e Vanzetti. Spero che ne abbia fatto buon uso perché del suo presidente – che venne a ritirare il carteggio ostentando lacrime di gratitudine – non ho più saputo niente.