O meglio, per chiarezza , note in margine a un viaggio di gruppo in Ungheria, il mio paese d’origine, la terra del mio papà. Mi sono portata dietro un gruppo speciale, perché composto da “quasi” tutta la mia piccola famiglia. Otto adulti, un adolescente, un preadolescente e un nanetto di due anni dagli occhi penetranti e i riccioli biondi, tutti pronti sfidare freddo e vento che la primavera siberiana ci ha poco generosamente allestito. Molti momenti di tenerezza perché evidentemente il DNA non è acqua. Ma alcune perplessità che possono servire da monito ad altri viaggiatori. Per esempio davanti all’uso della carta di credito, soluzione suggerita da parenti ungheresi che la preferiscono ai contanti. Per i turisti la cosa funziona male. In effetti l’Ungheria, che fa già parte dell’EU, mantiene per il momento il suo fiorino ma il cambio (ufficialmente 311 fiorini per un euro) si adegua alle esigenze del venditore magiaro. Così, si scende ai 245 fiorini per euro dell’aeroporto o ai 270 della famosa pasticceria Gerbaud. In generale, pagare un conto in euro (moneta contante) è un errore madornale. Ma l’inconveniente più grave l’abbiamo vissuto con l’albergo prenotato a Milano tramite un’agenzia viaggi. Per scoprire che l’agenzia milanese aveva affidato il nostro ordine a un “fornitore” di Camerino il quale a sua volta l’aveva suddiviso tra due subappaltanti—– Expedia e Gulliver (mai sentito, bah…). Pare che una prenotazione sia arrivata a Budapest da un filiale di Chicago: c’è da crederci????
Conseguenza: metà gruppo aveva la colazione in albergo e l’altra metà no, pur avendo pagato il pernotto allo stesso prezzo. Il personale dell’hotel, in evidente stato confusionale, ha continuato a oscillare tra il sì e il no, annunciando che metà di noi erano esclusi solo per concludere – a controlli fatti e con molte scuse che sì potevamo fare colazione insieme. Fino a quando il direttore (in vacanza pasquale) è tornato alla base e ha preteso il conguaglio prima con modi rudi per un prezzo punitivo, poi via via ridotto all’insegna della ragionevolezza, con un’accusa diretta ai fornitori che in modo irragionevole hanno diviso un gruppo familiare offrendo allo stesso prezzo trattamenti diversi. Senza contare che per la somma ufficialmente richiesta – e po ridotta ai minimi termini – avremmo avuto diverse altre opportunità per mangiare come lì e forse meglio.
Ora io mi domando: a cosa serve rivolgersi a una agenzia viaggio che poi demanda la prenotazione a qualcuno che a sua volta demanda ancora ad altri? Si pagano due/tre tangenti per ottenere un risultato deludente. Il mercato del turismo è un buon affare per tutti, tranne che per il turista.