Proteste sentite – e tuttavia circoscritte – per l’abbinamento del manifesto hitleriano Mein Kampf a Il Giornale. Protestano gli ebrei, assieme ai partigiani, esprime qualche rammarico il direttore Sallusti che ingenuamente non aveva previsto questa levata di scudi. Tuttavia non mi risulta una protesta popolare ampia e sentita come la vicenda meritava. Probabilmente siamo tutti anestetizzati dal “questo o quello per me pari sono” che pure in questo caso non si applica proprio. Non è proprio indifferente unire a un quotidiano – se pure di centrodestra – il manifesto ideologico del caporale austriaco che mise l’Europa e il mondo a ferro e fuoco. Non so bene quali secondi fini possa avere questa pubblicazione nel momento in cui oltre mille comuni italiani si preparano a un ballottaggio che avrà esiti importanti anche per il governo. Ed è allarmante la coincidenza per la quale nessuno sembra preoccuparsi troppo del fatto che per insistenza di Matteo Salvini, sempre più vicino a posizioni lepeniste, potrebbe esserci anche un esponente di Casa Pound. Forse l’unica deduzione che se ne può trarre è quella ovvia, così spesso citata e mai imparata fino in fondo, per cui chi non ha compreso la lezione della storia è condannato a ripercorrere i risultati.
Sessant’anni fa, o giù di lì, una bomba demolì una parete dello studio di un docente di religione del liceo Parini di Milano – si chiamava se non sbaglio don Carlo Martani – mettendo a nudo la biblioteca. Le foto pubblicate dai quotidiani milanesi lasciavano in primo piano proprio una copia del Mein Kampf. La cosa diede, allora, enorme scandalo. Se ne parlò per giorni, si mise in dubbio la qualificazione del docente e l’opportunità di consentirgli di indottrinare le giovani menti dei rampolli milanesi. Lo ricordo perché anche io frequentavo il Parini e ho avuto come docente quel don Martani (spero di ricordare correttamente il suo nome), Per quello che ricordo io, il poveretto non ha mai pontificato in classe sul testo di Hitler. Uno dei suoi peccati peggiori è stata la battuta pudicae francamente ridicola (col senno del poi) con la quale ha cercato di spiegare la circoncisione come “un segno sulla fronte” dei bambini ebrei.
Certo che sessant’anni fa il passato nazista faceva ancora paura e la rivolta contro l’uso privato del Mein Kampf sollevava spettri incresciosi. Oggi le ombre su quel passato lontano sembrano diventate meno cupe. Ma come la mettiamo con il futuro?